La mancanza di biomarkers ematici e tissutali e di criteri diagnostici specifici rende la diagnosi di dermatite atopica (AD) difficile, soprattutto nell’adulto che non ha avuto manifestazioni della malattia da piccolo. Sempre nei casi di AD ad insorgenza tardiva, a confondere il quadro possono esserci anche una limitata estensione delle lesioni, una distribuzione atipica di queste, l’assenza di segni minori di atopia cutanea e la non associazione di manifestazioni atopiche delle mucose.
Caratteristiche essenziali della AD sono il prurito e ricorrenti lesioni eczematose, che possono essere acute, subacute e croniche e che possono interessare qualsiasi parte del corpo, mostrando però una distribuzione e morfologia età correlata. Tra le caratteristiche comuni ci sono secchezza generalizzata della pelle, insorgenza precoce e atopia.
Negli anni sono stati proposti diversi criteri diagnostici. Uno dei primi è stato quello messo a punto nel 1980 da Hanifin e Rajka, che si compone di criteri maggiori e minori e che valuta, prurito, morfologia delle lesioni e pattern tipico di atopia, riacutizzazioni e storia medica. È un metodo molto usato nelle sperimentazioni, ma spesso poco usato nella pratica clinica. Alcuni dei criteri minori, infatti, sembrano essere non specifici per la dermatite atopica, come la pitiriasi alba, mentre altri, come le cheiliti del labbro superiore e l’eczema del capezzolo, sono specifici ma meno comuni.
Gli UK Working Party hanno tentato di semplificare icriteri di Hanifin e Rajka, ma entrambi i criteri diagnostici sono stati sviluppati per i bambini, con una ridotta specificità e sensibilità se riadattati all’adulto. Mentre per quel che riguarda i biomarkers, il più studiato è l’aumento dei livelli di IgE nel siero, anche se è assente in circa il 20% degli individui con AD e quindi non sono è considerati un indicatore affidabile.
Secondo l’European Task Force Atopic Dermatitis/European Academy of Dermatology and Venerology (ETFAD/EADV), invece, l’esperienza del clinico è più importante dei criteri diagnostici. Mentre le linee guida dell’American Academy of Dermatology consigliano di eseguire la diagnosi di AD per esclusione.
Un altro punto dibattuto è la confusione creata dai termini usati per classificare l’eczema. Secondo molti esperti, l’eczema esogeno (o dermatite da contatto) deve essere distinto da quello endogeno, che include dermatiti seborroiche, AD, eczema discoide e nummulare, eczema xerotico, dermatite da stasi, eczema endogeno di mani e piedi e altre tipologie non classificabili o non specifiche di eczema endogeno. Ma anche tutte queste forme di eczema endogeno, diverse dalla AD, dovrebbero essere classificate in modo diverso.
Nonostante l’avanzamento degli studi su genetica e meccanismi eziopatologici della AD, dunque, non c’è un consenso su come fare una diagnosi ottimale di AD negli adulti con sospetta dermatite atopica, anche perché la forma a insorgenza tardiva ha caratteristiche cliniche e morfologiche diverse da quelle riscontrate nei bambini.
La AD, specialmente quella dell’adulto, è una malattia ancora inesplorata, con diversi problemi irrisolti (dati dettagliati su incidenza e prevalenza, criteri diagnostici, forme cliniche e differenze nella malattia persistente vs forma adulta). Problemi che si riusciranno probabilmente a risolvere solo con studi multicentrici e aumentando la consapevolezza della malattia tra la comunità scientifica.
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